Padre, perché ci hai abbandonati?

 

 
Simone Prezioso

Guido l’auto percorrendo una strada poco trafficata ma, poco dopo nel tragitto, sono costretto a fermarmi in quanto cinque ragazzini, camminando uno affianco all’altro, ostruiscono totalmente la viabilità. I cinque, che probabilmente essendo in branco devono essersi convinti di non dover rendere conto a nessuno, dopo aver udito il suono del mio clacson, dimostrano di avere di meglio da fare che permettere l’altrui corretto utilizzo delle strade, si spostano quindi pigramente e il tanto che basta per permettermi di proseguire, ma con scomode manovre.
I cinque credono di essere adulti, o più probabilmente hanno imparato che gli adulti in realtà non esistono ed hanno appreso quindi che le loro marachelle e i comportamento poco consoni verranno sempre giustificati e sminuiti nella loro gravità, perché “in fin dei conti sono solo dei ragazzi”.
Ma intanto procedo con la mia auto, rallento, sterzo e guardo nella loro direzione per capire se le mie supposizioni siano fondate, ed i cinque, in risposta alle mie occhiate interrogative, mostrano volti carichi di impenetrabile sfida, gonfi di un’aria dura e arrogante che sembra dire “non ci rompere le palle!”.

Riflettendo con rammarico sull'accaduto, mi è venuto spontaneo alzare la testa al cielo (come se fosse responsabilità del cielo darmi una risposta) e chiedermi: “Padre, perché ci hai abbandonati?”
Perché il padre che è in noi e nella nostra cultura sempre più confusa e permissiva, ha deciso di prendersi una lunga, lunghissima vacanza e dopo la caduta del patriarcato, si è progressivamente ritirato dalle aree di influenza, forse in attesa di tempi per lui migliori.
Lo spirito della legge e della giustizia è oggi percepito, dall’ottica pseudo-materna che regna la nostra cultura, come una minaccia alla prole che non deve essere mai stressata nella sua sensibilità e che va sempre protetta giustificandone ogni errore. E i figli crescono di conseguenza sempre più smarriti ed incapaci di gestire la frustrazione che inevitabilmente ogni uomo, durante il corso della propria vita, è sottoposto ad affrontare.

La vita è inevitabilmente regolata dall’incontro tra il maschile e il femminile.
Di giorno in giorno la mancanza di impulsi paterni, tanto nell’educazione dei giovani, quanto nella cultura di grande scala, porta a sopperire alla mancanza di direzione con la ricerca di una figura paterna distorta.
Il bisogno di sicurezza e di direzione nella società è diventato talmente urgente da costringere una fetta sempre maggiore nella popolazione a invocare l’ascesa dell’uomo forte al comando che risolva i problemi, che colpisca con pugno duro i pericoli e di conseguenza, in tutto il globo, è facile sentir parlare di derive autoritarie o addirittura fasciste.
L’umanità purtroppo sembra apprendere poco o niente dagli errori del passato e risulta perlopiù incapace di affrontare con serietà la questione del femminile e del maschile, della questione paterna e di quella materna. Ma, purtroppo o per fortuna, il mondo funziona sempre in base all’incontro tra opposti che si attraggono, in una continua ricerca di un definitivo equilibrio. Gurdjieff, che tramite i suoi scritti ci ha mostrato la sua totale disillusione rispetto al tema dell'evoluzione umana, ha sempre accennato alla possibilità individuale di un reale percorso di crescita, un cammino certamente difficile, ostacolato dalle stesse leggi della natura, ma che viene favorito quando viene a crearsi un gruppo di sinceri ricercatori che si aiutano vicendevolmente.