La riscoperta della nostra vera voce
Fabio Guidi
Nel Dzogchen, la quintessenza del buddismo tibetano, la ‘voce’ indica sia il respiro che l’emissione del suono. Ciò vuol dire che respiro e vibrazione sonora vanno insieme, come insegnano le antiche tradizioni. Chi canta male, parla male, respira male e ha un cattivo rapporto con il corpo. Nei seminari sulla voce che programmiamo nella nostra Scuola, ci ispiriamo al metodo Wilfart, opportunamente integrato da altre metodiche.
Nel Dzogchen, la quintessenza del buddismo tibetano, la ‘voce’ indica sia il respiro che l’emissione del suono. Ciò vuol dire che respiro e vibrazione sonora vanno insieme, come insegnano le antiche tradizioni. Chi canta male, parla male, respira male e ha un cattivo rapporto con il corpo. Nei seminari sulla voce che programmiamo nella nostra Scuola, ci ispiriamo al metodo Wilfart, opportunamente integrato da altre metodiche.
È la ricerca della voce senza ego, la propria voce naturale (non c’interessa che risponda a determinati canoni estetici). Le ansie dell’ego generano ritenzioni e blocchi respiratori, per cui si arriva a inspirare sempre meno e l’energia resta in sospensione nella parte superiore del corpo, perché la voce non ha tempo per uscire pienamente.
L’espirazione è espressione di sé generosa, ma non può esserci espirazione generosa senza un’inspirazione completa, cioè il richiamo d’aria in tutta sua calma, la sua ampiezza e la sua direzione. Per cui, bisogna imparare di nuovo a respirare!
Soprattutto, bisogna ritrovare il contatto con il proprio hara (lett. ‘ventre’), il centro vitale dell’uomo. Allora, è possibile sottoporre la laringe ad una bassa pressione, invece di imporle un grande impeto. La forza progressivamente diventa pressione e direzione, lo sforzo muscolare diventa vibrazione e si riesce a resistere più a lungo.
Innanzitutto, si tratta di riscoprire la ‘violenza’ delle sonorità gravi, una riserva delle emozioni più intense, soffocate e rimosse. Tale soppressione, nell’espressione di una voce immatura, impedisce una voce adulta. Questa forza dei gravi, recuperata nel ventre, serve a sgretolare le tensioni più in alto. Fino a trovare la giusta proporzione tra sonorità gravi e acute. Tutto il metodo mira a produrre delle sonorità gravi dotate di una buona direzione. Il praticante si poggia sulle tonalità gravi per salire, semitono per semitono, attraversando le sue tensioni e liberandosene.
Col passare del tempo, l’individuo trova il suo suono fondamentale, cioè il suono più grave che può emettere rispettando la ricchezza armonica della voce: è quello che deve svilupparsi in tutta la sua voce. Questo è del tutto personale, è la propria identità vibratoria. Questo suono vibra alla base della colonna vertebrale ed è lì che bisogna mantenerlo, nelle ‘fondamenta’ del nostro essere.
Soprattutto, bisogna ritrovare il contatto con il proprio hara (lett. ‘ventre’), il centro vitale dell’uomo. Allora, è possibile sottoporre la laringe ad una bassa pressione, invece di imporle un grande impeto. La forza progressivamente diventa pressione e direzione, lo sforzo muscolare diventa vibrazione e si riesce a resistere più a lungo.
Innanzitutto, si tratta di riscoprire la ‘violenza’ delle sonorità gravi, una riserva delle emozioni più intense, soffocate e rimosse. Tale soppressione, nell’espressione di una voce immatura, impedisce una voce adulta. Questa forza dei gravi, recuperata nel ventre, serve a sgretolare le tensioni più in alto. Fino a trovare la giusta proporzione tra sonorità gravi e acute. Tutto il metodo mira a produrre delle sonorità gravi dotate di una buona direzione. Il praticante si poggia sulle tonalità gravi per salire, semitono per semitono, attraversando le sue tensioni e liberandosene.
Col passare del tempo, l’individuo trova il suo suono fondamentale, cioè il suono più grave che può emettere rispettando la ricchezza armonica della voce: è quello che deve svilupparsi in tutta la sua voce. Questo è del tutto personale, è la propria identità vibratoria. Questo suono vibra alla base della colonna vertebrale ed è lì che bisogna mantenerlo, nelle ‘fondamenta’ del nostro essere.
La vibrazione è tutto, conta più della parola, perché è più rivelatrice, e la parola acquista il suo senso solo se è in armonia con la verità vibratoria della voce.
I seminari sulla Voce sono incontri svolti in due sessioni di tre ore, i quali si svolgono, di solito, una volta al mese, nel fine settimana. Non hanno niente a che vedere con il canto o con l'essere intonati. Conduce: dr. Fabio Guidi