Cosa la mente comprende
Luca Pilato
Chi ha compreso qualcosa nella sua vita senza affidarsi a una pre-comprensione alzi la mano. Quando e quanto un processo di comprensione può essere definito “pulito”?
In Introduzione alla filosofia matematica, Bertrand Russell pone al lettore la domanda «che cosa è un numero?». Nello stesso capitolo approda poi ad una sua definizione logica, ma non senza esporre precedentemente un'ovvietà e cioè che un uomo mediamente acculturato sa “riconoscere” (letteralmente "conoscere di nuovo") senza preoccupazioni i numeri naturali: 0, 1, 2, 3, .... Ed è proprio da qui che parte la sua esposizione (curioso, no?). Ma, senza scomodare l’educazione contemporanea, anche un cacciatore dei tempi antichi ri-conosceva la differenza tra uno o due fagiani, «che cosa è quindi un numero?».
Quando si parla di esplorazione intellettuale, si tende a percorrere due strade, quella costruttiva, che naviga verso mete complesse mettendo assieme pezzi comunemente “noti”, e quella essenziale, che esplora le basi, le fondamenta e i pezzi elementari più semplici che compongono un solo fatto “noto”. Quindi è come guardare tramite il cannocchiale oppure attraverso il microscopio. Il problema è che nessuna delle due visioni ci permette di comprendere veramente ciò che è “noto” e a misura d’uomo. Entrambi gli approcci falliscono, e la storia contemporanea lo dimostra. Che sia la grande illusione della conoscenza dell’infinito all'infinito (inaccessibile all’uomo limitato e mortale) o che sia l’illusione di conquistare la natura prima (quantisticamente indeterminata) la misura dell’intelletto razionale che discerne, rapporta, divide e confronta le parti, non può nulla oltre i suoi limiti finiti di esercizio.
Cos'è, dunque, questo “noto” e tutte le sue rassicuranti
fondazioni, sensibili e ideali, con cui siamo soliti basare la nostra
vita?
Un illusione?
Forse sì.
Lo scartiamo?
No, certamente è utile.
Ci arrendiamo nella ricerca della comprensione?
Assolutamente no, noi non siamo fatti solo di intelletto.
Possiamo comprendere veramente qualcosa?
La domanda è sibillina. Ma se ci affidiamo anche solo alla logica come
punto di partenza, una cosa, fondamentale, è chiara e può aiutarci.
«Allora capii», dice Socrate, «che veramente io ero il più sapiente perché ero l'unico che non sa né pensa di sapere».
E nella serenità ci sentiamo più umani, più capaci di imparare, e magari di comprendere... con meno precomprensioni.