Gruppo Stabile di Meditazione


Un monaco disse al maestro: “Sono appena entrato nel monastero. Per favore, dammi qualche consiglio”.
Il maestro chiese: “Hai mangiato la tua zuppa di riso?”
Il monaco replicò: “Sì, l’ho mangiata”.
Il maestro disse: “Allora faresti meglio a lavare la tua ciotola”.
In quel momento il monaco si illuminò.

Detto Zen


Ogni mattina ci alziamo, andiamo in bagno, facciamo colazione, ci prepariamo per affrontare la giornata lavorativa o di studio, torniamo a casa, pratichiamo magari qualche attività, mangiamo, passiamo la serata e andiamo a letto. Quanto la nostra routine si discosta da un programma per computer? Quanto siamo consapevoli di ciò che accade realmente, attimo dopo attimo. Quanto ci sentiamo i veri attori delle nostre scelte di vita, delle nostre decisioni, lucidi, forti di una motivazione sostenuta da un sentire trasparente? Può sembrare paradossale, ma la condizione di sonno e lo stato di torpore e confusione mentale tende a persistere anche durante la veglia. Anzi, da svegli siamo ancora più esposti a una moltitudine di impulsi e pensieri contraddittori, che possono facilmente sfociare in errori, conflitti o conseguenze dannose. Sentiamo che qualcosa non va, sembra che la vita ci risucchi, ci domini, ci debiliti... ci diciamo che non può essere tutto qui, un groviglio confuso di insoddisfazione e di irrequietezza, di ansia.

 

Dunque, perché meditare?

La meditazione è uno strumento molto potente, con innumerevoli effetti. Il recupero energetico, attraverso l’abbassamento del metabolismo basale, cioè del livello di energia necessaria a mantenere in vita una persona in assoluto riposo. Durante la meditazione, il cervello si trova in uno stato di grande stabilità e quiete (il cervello richiede, rispetto agli altri organi, una maggiore quantità di energia e nutrimento!). Questo permette al corpo di riposare e recuperare velocemente. La regolazione del sistema nervoso autonomo, simpatico (diurno) e parasimpatico (notturno). La meditazione serve a ridurre lo stress, che è la reazione fisiologica di adattamento (iper-eccitazione del simpatico: pressione sanguigna, battito cardiaco, tensione muscolare, consumo di ossigeno del sangue, acido lattico e tossine) tale che, per difendersi da un’aggressione, viene movimentata e impiegata tutta l’energia disponibile nell’organismo. L’affinamento della percezione, cioè un aumento della sensibilità riguardo agli stimoli esterni, che affluiscono in maniera più vivida. Lo sviluppo della ricettività percettiva attraverso la pratica meditativa provoca un progressivo distacco dal bisogno di eccitazione, di intensa stimolazione sensoriale (che è uno dei maggiori fattori di stress). Lo sviluppo dell’attenzione e della concentrazione, che garantisce una maggiore presenza al proprio corpo e alla realtà esterna. La meditazione contribuisce ad essere totalmente nella realtà presente: "non volere la realtà un po’ più blu o rossa", cioè non fuggire continuamente nel passato o nel futuro. Ai fini della crescita interiore, che è ciò che più c’interessa, meditiamo non per sfuggire alla frustrazione o dalla delusione, ma per comprenderle a fondo e alimentare la presenza mentale che ci permette di sviluppare il campo della consapevolezza con intuizioni sempre più profonde sulla nostra natura e sulle relazioni che ci legano agli altri. La mente non può non pensare. Si sente spesso riportare l’espressione "svuota la tua mente" come principio guida per la meditazione. Già... come se bastasse dirlo per ottenere una mente vuota, libera, silenziosa. La mente non ubbidisce a queste esortazioni. Anzi, più si usano modi coercitivi, meno risultati otteniamo. Il modo migliore per arrivare al dominio della nostra mente, allora, è di aggirare l’ostacolo, intervenendo non in maniera diretta sulla mente, ma sul corpo: innanzitutto, attraverso la postura, in secondo luogo con il rilassamento, e infine con la respirazione. Il corpo con le sue sensazioni si presta, infatti, ad essere un ottimo sostegno per la meditazione. Tutti i maestri consigliano di iniziare la pratica meditativa focalizzando l’attenzione sul corpo, e in primo luogo sul flusso del respiro, l’unico movimento all’interno di una assoluta stabilità e immobilità fisiche.

 

Le seguenti parole riguardo alla pratica meditativa sono del monaco buddista vietnamita Thich Nhat Hanh, come sempre illuminante con le sue splendide metafore e le sue immagini evocative:

«Sedere in uno stato di presenza mentale favorisce la quiete e il rilassamento profondo del corpo e della mente. Si tratta però di una condizione radicalmente diversa dalla torbida semi-coscienza tipica del dormiveglia. Uno stato del genere, lungi dal identificarsi con la presenza mentale, è come una caverna buia. La presenza mentale non consiste solo nel sentirsi tranquilli e lieti ma anche vigilie svegli. La meditazione non è evasione, è un sereno incontro con la realtà. Chi pratica la presenza mentale deve essere sveglio né più né meno che se stesse al volante di un’automobile. Il praticante sarà preda della dispersione della distrazione, come il guidatore sonnolento che rischia da un momento all’altro di provocare un grave incidente. Restate svegli come se camminaste sui trampoli, sapendo che un passo falso può farvi perdere l’equilibrio. Siate come un cavaliere medievale che avanza disarmato tra una selva di spade. Siate come un leone che procede col suo passo lento, leggero e sicuro.» (The Miracle of Mindfulness, una parola che sta per “presenza mentale”)


Ogni venerdì sera a Livorno, nel dopo cena, si incontra il Gruppo stabile di meditazione. L’età consigliata di ingresso al gruppo è indicativamente tra i 20 e i 35 anni. Gli incontri prevedono l’acquisizione della tecnica fondamentale della meditazione di presenza mentale: dalla postura alla respirazione fino all’atteggiamento meditativo. Al termine della pratica meditativa segue un momento di condivisione in cui si impara ad osservare come l’atteggiamento meditativo possa essere portato nella vita quotidiana. Si impara, inoltre, ad ascoltare in profondità l’altro, perché la pratica della meditazione è, in fondo, la pratica dell’ascolto profondo. E all’ascolto interiore, va dunque aggiunto l’ascolto esteriore, da esercitare durante la condivisione.

Per ulteriori informazioni contattare il dott. Luca Pilato (3334116492)