Il trash che è in noi
Angela Teresa Girolamo
Il problema del trash non è chi lo fa.
Siamo noi, il problema.
Noi che decidiamo di ridere a una battuta trash.
Che davanti a un'improponibile pubblicità trash restiamo incantati tanto da farci venire il dubbio "Ma è geniale?", quando invece è solo trash.
Noi che scegliamo di lasciarci sommergere dal trash, fino a farcelo entrare dentro, nella testa, nel sonno, nei desideri.
Il problema è che siccome siamo tutto, e dentro abbiamo tutti dal serial killer, alla famosa lavandaia di Voghera, a Shakespeare e Michelangelo, tra il trash e il sublime scegliamo il trash, perché è più facile, più conformista, oggi meno imbarazzante di sempre; nel trash sei d'accordo con tutti, eviti i conflitti, e abbassando il livello tuo a quello collettivo, non sarai mai solo. Pare che i rifiuti tengano anche al caldo.
E alla fine (alla fine della fine) tu che hai contribuito allo sfacelo, se hai studiato un po', sai persino trovargli definizioni altisonanti, riferimenti addirittura aulici, e tutto per non avvertire il senso di smarrimento, nausea, vergogna e malinconia che l'occasione persa di elevarti un pochino ti borbotta da qualche parte nel profondo. In quella parte dove il sublime sta appassendo perché l'hai fatto morire di inedia e sconforto.
Amare la bellezza è una via di evoluzione personale: saper discernere e scegliere è un Lavoro. E come tutte le vie del Lavoro, comporta solitudine.
La Bellezza è in minoranza, sempre. Per forza di cose. La vogliamo davvero, la Bellezza?