L’elogio del silenzio

 


Matteo della Rocca

In un periodo di reclusione forzata come quello che stiamo vivendo, potremmo scegliere di farci prendere dallo sconforto o dall’angoscia o dalla rabbia per l’assenza di libertà, come scrisse Assagioli durante il suo periodo in carcere: 

“Ero libero di assumere uno fra molti atteggiamenti nei confronti di questa situazione, che potevo darle il valore che volevo io e che stava a me decidere in che modo utilizzarla.”

Proprio sulla base di questo, provando ad osservare la realtà cittadina del momento, è possibile scoprire “molte americhe”: una di queste è il valore del silenzio.
Abito a Livorno, non una città, un paesone lo chiamerei. Vivo in una via molto trafficata, con le finestre che danno sulla piazza dove un tempo sorgeva il vecchio Mercatino Americano, ora libera e contornata dai platani spogli per l’inverno. È un punto di aggregazione, di anziani sulle panchine a trascorrere la giornata, di adulti a fare i capannelli e di giovani che sfruttano lo spazio a disposizione per tirare due calci ad un pallone o sfidarsi a volano: sono le tipiche scene di vita cittadina.
Ecco, adesso è tutto diverso: sono le 22.30, mi affaccio alla finestra e c’è silenzio. È rasserenante il silenzio: quella quiete che è in grado di regalarti la montagna durante un’escursione, adesso è scesa a valle, anzi, a mare.
Viene interrotta di tanto in tanto dal verso di un gabbiano, a cui fa eco una risposta più lontana; oppure dal capriccio di un bambino che supera i vetri di chissà quale finestra e riempie per un attimo l’aria della piazza.
Il silenzio è riflessivo, aiuta a scendere nella propria interiorità: avete mai provato a meditare in mezzo al traffico e in una casa di campagna? Non c’è paragone.
È quasi un peccato chiudere la finestra e rientrare in casa dove disturba la televisione del vicino duro d’orecchie.
La vita, alla fine di questa surreale pandemia, riprenderà il suo scorrere caotico e frastornante e questo silenzio meditativo ritornerà lassù sulle montagne, dove gli eremiti lo vanno cercando.
Ne approfitto ora, provo a “mangiarlo di gusto”, mi godo questo momento cercando di impararne ora l’importanza e farne tesoro quando la “normalità” ci ingurgiterà di nuovo.