Uno sguardo dentro di noi

 


Angela Teresa Girolamo

Credo sia giusto dire che la meditazione sia una palestra.
Ovvio che, come strumento, dipende dall'intenzione personale ciò che puoi farci (qualitativamente) e fino a che punto ottenere risultati (quantitativamente).
A quelli che si affacciano al mio gruppo la prima sera dico sempre "E' uno strumento. Ciò che ottieni dipende da te, da come lo usi".
Qualcuno vuole solo staccare la spina, rilassare le membra stanche, non pensare a niente. E va bene così. Se è ciò che vuole, va bene così.
Imparano che rilassarsi non vuol dire mollare completamente come chiazze liquefatte sul pavimento. O avere il bisogno di accasciarsi su qualcuno. Anche questo, da solo, è un insegnamento utile.
Ma i più si avvicinano perché inquieti, e desiderosi di capire la ragione di questa inquietudine. Io non la spiego, nè la posso interpretare; non sono formata in tal senso e non è la sede adatta. Ma so guidarli, so allenarli a guardare cosa c'è, a non aver paura di entrare in contatto con se stessi, perché è l'unica cosa che inseguiamo per tutta la vita, e la stessa da cui rifuggiamo in ogni istante. Non riusciamo a sopportare il silenzio di dieci minuti di attesa senza accendere il cellulare, come possiamo sopportare di stare con noi stessi?
Eppure è l'unico vero viaggio che valga la pena di fare; l'unica risposta che risponde a tutte le domande. Non lo dico io, me lo dicono loro, i miei gruppisti.
Alcuni hanno imparato a distinguere ciò che è vero oggettivamente da ciò che appare vero ma è una finzione soggettiva. Alcuni stanno imparando ad essere.
In questa palestra ci alleniamo a osservare la verità, a non interpretarla, a non temerla, a prendere ciò che ci spetta come sostegno e nutrimento dalla madre Terra su cui poggiamo a gambe incrociate. Il nutrimento che compensa tutto ciò che ci è stato negato. Impariamo a sentire che persino noi possiamo esistere senza dover chiedere scusa per questo. E che possiamo pretendere rispetto, per questo.
In questa palestra, mi piace dire a volte, sto allenando guerrieri.
Alimentiamo luce, e gioia, e gratitudine, gentilezza, fiducia nell'altro, nella vita, in noi stessi.
Scopriamo che sì, esistono persone distruttive, ciniche, sarcastiche che hanno scelto, tra luce e ombra, di stare, vivere e alimentare l'ombra. Che non credono che l'uomo possa cambiare, che loro possano cambiare, e che la vita possa avere in serbo qualcosa di buono, al di là di tutto. Ma il fatto che esistano persone così, non vuol dire che tutti siamo così. Ci sono anche i coraggiosi, tra noi, ci sono i forti; ci sono coloro che hanno il coraggio di pretendere di esistere, di esigere il giusto, di gettarsi nel vuoto della solitudine piuttosto che dipendere o mendicare legami tossici. Ci sono schiene dritte e teste alte. E se non ci sono, nel mio gruppo ci alleniamo ad esserlo. Lo siamo anche per voi, anche per quelli che non lo sono e scelgono di non diventarlo.
Questo momento di tenebra ci costringe a risplendere, nostro malgrado: qualcuno lo fa per reazione meccanica, qualcun altro lo sceglie consapevolmente. Ma è a questo che servono le tenebre: costringere quelli come noi a risplendere.
Sarà durissima, questo non è un post consolatorio; riconoscere la giustezza dei piani di Dio non vuol dire star fermi ad esser meri spettatori: qualcosa di naturale deve scorrere e accadere, a volte vuol dire star fermi, altre volte vuol dire agire.
Una persona allenata a sentire la verità comprende al volo quale sia di volta in volta la cosa giusta da fare: la legge morale dentro di me, la chiamava Kant.
Sarà più dura di quel che è stato finora. Non credo che vedremo la fine di questa decadenza post-moderna di ogni cosa, e neanche i nostri figli, probabilmente.
Ma dimentichiamo spesso il potere insito nella luce, quanto esso sia potente, salvifico da solo, senza alcuno sforzo. E' una reazione spontanea della vita alla morte, in natura.
I miei guerrieri si allenano a scegliere la luce, a osservare bene le loro tenebre e a non cadervi dentro: io sento questa cosa, ma non sono questa cosa, ripetiamo in meditazione. Una parte di me sente questa cosa, ma io non sono questa parte di me: io sono colui che osserva, seduto nel cinema, proiettata sullo schermo questa parte di me.
I miei guerrieri si allenano a diventare responsabili proprietari della loro vita, delle loro scelte e del loro destino.
Mi sento fiera di allenare questi guerrieri di luce: è un ruolo che in parte ho scelto, e in parte mi è calato addosso.
In momenti così sento che tutto ha un senso, ed è la speranza a guidarmi, il Lavoro interiore.