Il giorno in cui tutto cominciò

 

 Simone Prezioso


Il giovane uomo, che da poco si era addentrato nella nobile arte della guerra, ci guardò con un’espressione fiera ma al contempo inebriata e frizzante, prese un sospiro, quel tanto che bastava per donare solennità alla comunicazione da fare, e con voce ferma disse «È fatta!».

Le nostre reazioni furono differenti, chi posò una mano sul petto come a voler contenere il calore naturale della gioia in modo che si potesse propagare fino alle profondità dell’essenza, chi incredulo fremeva per poter continuare quella nostra storia comune in modo da poter trascrivere nuove appassionate pagine del racconto e chi semplicemente vide verificarsi dinnanzi agli occhi ciò che già sapeva e che già ebbe modo di vedere in sogno rimanendo quindi quieto e apparentemente distaccato. In passato provammo stupore e preoccupazione nel constatare così diverse reazioni nell’altro ed il seme del sospetto si annidò senza però generare radice in quanto presto ci accorgemmo che solo nella diversità si può generare unione e, che come in un qualsiasi ecosistema della madre terra, tutto ciò che appare nella diversità è in realtà cosa sola.

Non sapevamo nulla a riguardo del nostro comune futuro ma in quel momento semplicemente non ci pensammo poiché il presente era senz’altro cosa più importante.

Ciò che però apparve evidente fu che “qualcosa” aveva posizionato dinnanzi ai nostri passi soltanto i giusti ostacoli che le nostre forze potevano sopportare e ci eravamo trovati costretti a sacrificare tutto ciò che più non ci apparteneva come i nostri difetti, gli strascichi delle vite passate e le fantasie generate dalle delusioni del passato, tutto ciò noi lo sacrificammo dinnanzi al fuoco sacro della trasformazione ed il nostro dolore diventò vita, e la vita generò la morte e di colpo ancora una volta nascemmo come cosa nuova e ci scoprimmo l’uno nell’altro in volti nuovi, volti dalle sembianze giovani e belle e al contempo sagge e adulte.

Quel presente così cruciale nelle nostre esistenze ci comunicò che eravamo esattamente dove dovevamo essere e potemmo quindi sentire, sulle nostre guance riscaldate da un sole tenue, il morbido bacio dato dalle labbra della dea Fortuna.

Ci guardammo ancora un’ultima volta come a sancire un patto di sangue che potesse durare in eterno per poi continuare quei nostri insoliti cammini sapendo che i passi dell’altro sarebbero stata cosa diversa dai nostri ma che il fine ultimo sarebbe in fondo stato comune e che, per quanto ognuno di noi fosse rinato nella solitudine, eravamo in realtà cosa sola poiché altro da noi decise in tempi non sospetti che così doveva essere e noi semplicemente accogliemmo la guida della voce dell’indicibile.

Ritornai quindi alla mia singolare vita con la brezza di quel giorno d'inverno che rinvigoriva i miei sensi e coi polmoni che accoglievano ossigeno in maniera un po’ più naturale del solito e, mentre compivo ciò che la vita terrena impone di compiere, mi ritrovai distrattamente a sorridere poiché tutto, semplicemente, era come doveva essere.